Tripofobia: la fobia dei buchi
Tripofobia: significato
La tripofobia, nota anche come “fobia dei buchi”, è una reazione di disgusto o ansia provocata dalla visione di particolari configurazioni di piccoli fori o spazi ravvicinati. Sebbene non sia ufficialmente riconosciuta nel DSM-5, il manuale diagnostico dei disturbi mentali, questa condizione suscita un crescente interesse nella comunità scientifica e tra il pubblico, alimentando il dibattito sul confine tra paure innate e fobie apprese.
Cosa si intende per tripofobia?
La tripofobia non è propriamente una paura come quella che associamo alle classiche fobie (ad esempio, la paura dei serpenti o delle altezze). Si tratta piuttosto di una reazione viscerale – spesso descritta come disgusto o disagio – davanti a immagini che presentano una ripetizione di fori, come alveari, spugne o semi di loto.
Le persone che ne soffrono possono avvertire sintomi fisici come:
Nausea;
Brividi;
Prurito;
Sensazione di disagio o di “pelle d’oca”.
Quali sono le cause della fobia dei buchi?
Le origini della tripofobia sono ancora oggetto di studio, ma esistono alcune ipotesi interessanti. Una teoria suggerisce che questa reazione potrebbe derivare da un meccanismo evolutivo: configurazioni simili a quelle dei buchi sono spesso associate nella natura a situazioni di pericolo, come la pelle di un animale velenoso o malato. In questo senso, il disgusto verso queste forme potrebbe essere una strategia di sopravvivenza.
Un’altra spiegazione vede la tripofobia come un fenomeno psicologico o culturale: immagini ripetitive potrebbero evocare un senso di caos o irregolarità che disturba l’ordine visivo e mentale, creando così una risposta negativa.
La tripofobia è davvero una fobia?
Sebbene il termine “tripofobia” includa la parola “fobia”, non sempre chi ne soffre manifesta una vera e propria paura. Le fobie, infatti, sono definite come timori irrazionali e persistenti che interferiscono con la vita quotidiana. La tripofobia, al contrario, tende a suscitare una reazione di disgusto più che di panico, motivo per cui molti studiosi ritengono che non possa essere classificata al pari di altre fobie.
Nonostante ciò, per alcune persone il disagio è così intenso da diventare invalidante, soprattutto se associato a sintomi ansiosi marcati. In questi casi, può essere utile un supporto psicologico.
Come si può affrontare la tripofobia?
Chi prova disagio per immagini o situazioni che richiamano la tripofobia può trarre beneficio da alcune strategie:
- Desensibilizzazione e rielaborazione.
- Tecniche di desensibilizzazione come EMDR possono essere risolutive per questo tipo di disagio.
- Riconoscere e accettare la reazione: sapere che si tratta di una risposta naturale e non pericolosa può ridurre l’ansia associata.
- Tecniche di rilassamento: pratiche come la respirazione profonda o la meditazione possono aiutare a gestire i sintomi fisici.
- Per chi avverte un disagio significativo, può essere utile consultare un terapeuta esperto per individuare le cause del problema ed essere indirizzato verso la psicoterapia più efficace.
Conclusione
La tripofobia, sebbene non riconosciuta come una vera e propria fobia nel senso clinico, rappresenta una risposta psicologica interessante e ancora poco compresa. Approfondire le sue cause e i suoi meccanismi può non solo aiutare chi ne soffre, ma anche offrire uno spunto per riflettere su come percepiamo e interpretiamo il mondo intorno a noi.
Bibliografia
DSM-5. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders.
Wilkinson, S. (2015). Perception and Its Disorders: A Cognitive Perspective.
David, D., Lynn, S. J., & Montgomery, G. H. (2018). Evidence-Based Psychotherapy: The State of the Science and Practice.
Lovecraft, H. P. (1926). The Colour Out of Space.
Contenuto a cura di:
Fabio Cotti
Psicologo clinico, psicoterapeuta e psicodiagnosta, Fabio Cotti ha collaborato con istituti pubblici e privati, tra cui ASST Ovest Milanese, ASST Lariana e Università come Milano-Bicocca e Pavia. Specializzato in psicoterapie psicodinamiche, cognitive e ipnotiche per bambini, adolescenti, adulti e coppie, si occupa anche di psicologia giuridica, in particolare nella valutazione di competenze genitoriali e del danno psichico. È stato Consulente Tecnico d’Ufficio per vari tribunali e autore di contributi in psicologia clinica e testologia.
Contenuto a cura di:
Fabio Cotti
Psicologo clinico, psicoterapeuta e psicodiagnosta, Fabio Cotti ha collaborato con istituti pubblici e privati, tra cui ASST Ovest Milanese, ASST Lariana e Università come Milano-Bicocca e Pavia. Specializzato in psicoterapie psicodinamiche, cognitive e ipnotiche per bambini, adolescenti, adulti e coppie, si occupa anche di psicologia giuridica, in particolare nella valutazione di competenze genitoriali e del danno psichico. È stato Consulente Tecnico d’Ufficio per vari tribunali e autore di contributi in psicologia clinica e testologia.
Tripofobia: la fobia dei buchi
Tripofobia: significato
La tripofobia, nota anche come “fobia dei buchi”, è una reazione di disgusto o ansia provocata dalla visione di particolari configurazioni di piccoli fori o spazi ravvicinati. Sebbene non sia ufficialmente riconosciuta nel DSM-5, il manuale diagnostico dei disturbi mentali, questa condizione suscita un crescente interesse nella comunità scientifica e tra il pubblico, alimentando il dibattito sul confine tra paure innate e fobie apprese.
Cosa si intende per tripofobia?
La tripofobia non è propriamente una paura come quella che associamo alle classiche fobie (ad esempio, la paura dei serpenti o delle altezze). Si tratta piuttosto di una reazione viscerale – spesso descritta come disgusto o disagio – davanti a immagini che presentano una ripetizione di fori, come alveari, spugne o semi di loto.
Le persone che ne soffrono possono avvertire sintomi fisici come:
Nausea;
Brividi;
Prurito;
Sensazione di disagio o di “pelle d’oca”.
Quali sono le cause della fobia dei buchi?
Le origini della tripofobia sono ancora oggetto di studio, ma esistono alcune ipotesi interessanti. Una teoria suggerisce che questa reazione potrebbe derivare da un meccanismo evolutivo: configurazioni simili a quelle dei buchi sono spesso associate nella natura a situazioni di pericolo, come la pelle di un animale velenoso o malato. In questo senso, il disgusto verso queste forme potrebbe essere una strategia di sopravvivenza.
Un’altra spiegazione vede la tripofobia come un fenomeno psicologico o culturale: immagini ripetitive potrebbero evocare un senso di caos o irregolarità che disturba l’ordine visivo e mentale, creando così una risposta negativa.
La tripofobia è davvero una fobia?
Sebbene il termine “tripofobia” includa la parola “fobia”, non sempre chi ne soffre manifesta una vera e propria paura. Le fobie, infatti, sono definite come timori irrazionali e persistenti che interferiscono con la vita quotidiana. La tripofobia, al contrario, tende a suscitare una reazione di disgusto più che di panico, motivo per cui molti studiosi ritengono che non possa essere classificata al pari di altre fobie.
Nonostante ciò, per alcune persone il disagio è così intenso da diventare invalidante, soprattutto se associato a sintomi ansiosi marcati. In questi casi, può essere utile un supporto psicologico.
Come si può affrontare la tripofobia?
Chi prova disagio per immagini o situazioni che richiamano la tripofobia può trarre beneficio da alcune strategie:
- Desensibilizzazione e rielaborazione.
- Tecniche di desensibilizzazione come EMDR possono essere risolutive per questo tipo di disagio.
- Riconoscere e accettare la reazione: sapere che si tratta di una risposta naturale e non pericolosa può ridurre l’ansia associata.
- Tecniche di rilassamento: pratiche come la respirazione profonda o la meditazione possono aiutare a gestire i sintomi fisici.
- Per chi avverte un disagio significativo, può essere utile consultare un terapeuta esperto per individuare le cause del problema ed essere indirizzato verso la psicoterapia più efficace.
Conclusione
La tripofobia, sebbene non riconosciuta come una vera e propria fobia nel senso clinico, rappresenta una risposta psicologica interessante e ancora poco compresa. Approfondire le sue cause e i suoi meccanismi può non solo aiutare chi ne soffre, ma anche offrire uno spunto per riflettere su come percepiamo e interpretiamo il mondo intorno a noi.
Bibliografia
DSM-5. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders.
Wilkinson, S. (2015). Perception and Its Disorders: A Cognitive Perspective.
David, D., Lynn, S. J., & Montgomery, G. H. (2018). Evidence-Based Psychotherapy: The State of the Science and Practice.
Lovecraft, H. P. (1926). The Colour Out of Space.
Contenuto a cura di:
Fabio Cotti
Psicologo clinico, psicoterapeuta e psicodiagnosta, Fabio Cotti ha collaborato con istituti pubblici e privati, tra cui ASST Ovest Milanese, ASST Lariana e Università come Milano-Bicocca e Pavia. Specializzato in psicoterapie psicodinamiche, cognitive e ipnotiche per bambini, adolescenti, adulti e coppie, si occupa anche di psicologia giuridica, in particolare nella valutazione di competenze genitoriali e del danno psichico. È stato Consulente Tecnico d’Ufficio per vari tribunali e autore di contributi in psicologia clinica e testologia.